La Magia


 

A cosa serve la creatività. Come svilupparla e quali sono le differenze tra creatività e talking cure.

 

L’essere umano crede soltanto a ciò che vede

In questo tempo tutto è strutturato affinché l’immagine, come in un gioco di specchi, rifletta esattamente ciò che di concreto ci rende tutti uguali.

Ci accettiamo e accettiamo le difficoltà, pensando che in fondo sotto questo nostro stesso cielo, siamo tutti uguali. I problemi sono uguali, per tutti!

È così che diventiamo spettatori di un film.

Non serve calarsi nella fatica della prova. Andare per tentativi. Rischiare.

Il viaggio dell’eroe è oggi desueto.

L’eroe, quel pazzo che esce dalla propria zona comfort; che combatte e cerca il cambiamento. Che fallisce. Ritenta. Affronta tutte le difficoltà e considera le avversità occasioni di accrescimento.

Abbiamo smesso di considerare il viaggio come volano della speranza, capace di renderci universalmente unici, preparati e immersi nel desiderio che vogliamo realizzare.

“Se sbagli, alla prima, sei fuori”.

I dubbi oggi diventano montagne insormontabili, perché non c’è né la voglia, né la preparazione per affrontare un’impresa. Non c’è la volontà di superare le proprie debolezze e le difficoltà.

Il desiderio di costruirsi da sé o di costruire qualcosa si è spento sotto i riflettori della gloria di uno storytelling.

Tutto ciò che volgiamo è entrare nella sezione di un algoritmo che, come in una slot-machine, ci proietta nella combinazione giusta per incassare le monetine.

Abbiamo bisogno del consenso di qualche migliaio di sconosciuti.

Metafora questa che vale per tutti. In ogni ambito sociale.

L’IO è Divinità.

Per un attimo di realtà, ognuno di noi è pronto a stipulare quel patto che esclude la potenza dell’incredulità. Meglio una scelta logica e razionale, ineccepibile moralmente.

La magia diventa riflesso di ciò che è reale. 

Come se l’uomo non avesse più bisogno dell’oggetto magico.

Come se l’uomo potesse “curare” i propri bisogni, timori, angosce e passioni.

Come se il mondo dei sogni fosse un problema da rimuovere e da scollegare dall'inconscio.

Come se conscio e inconscio dovessero diventare una cosa sola.

E così facendo anche l’incapacità di stabilire un rapporto con la vita reale assume contorni sempre più visibili.

Stare al mondo non significa smettere di proiettarsi in un lieto fine, secondo i dettami della favola.

Ogni storia deve avere un lieto fine, affinché esso si trasformi, e trasformi il mondo in una nuova storia da raccontare. La magia è sempre la stessa. Le storie cambiano.

Cosa diversa è la narrazione dell’universo interiore: la storia che “cura”.

Il Talking cure, una formula che va molto di moda e che è diventata lettura utile. Il racconto diventa testimonianza e capacità di guardare a viso aperto le emozioni che fatichiamo ad affrontare. Ma non c'è nulla di magico nel talking cure.

Lo scrittore ha già percorso le vie tortuose della letteratura psicologica, e propone il cosiddetto linguaggio letterario criptico, la ricerca, la soluzione.

Lo scrittore vede nella forza creativa il cambiamento, ne conosce le difficoltà. 

Una fra tante difficoltà dello scrittore di oggi è quella del rifiuto del proprio interlocutore/lettore di calarsi nella sperimentazione proposta attraverso un'opera, soprattutto quando vi è di mezzo il fantasy. Il rifiuto di comprendere i percorsi di ricerca. E non per ultimo l'incapacità di affrontare un libro che non sia tra quelli imposti dal mainstream.

Perché tutto è mainstream o negazionismo. Il problema italico-mondiale della dualità di potere: o guelfi o ghibellini. O Montecchi o Capuleti: vicenda che W. Shakespeare ha trasformato sapientemente in una storia dove l’amore (in realtà platonico. Il più potente!) vince sullo storytelling del tempo. 

La magia si incastra perfettamente nella realtà!

L’uomo è un essere vivente limitato, anche quando invoca assiduamente la legge dell’attrazione; anche quando cerca le vie facili proposte da un algoritmo. Alla fine, ce la fa il più furbo, che spesso è anche un po' furfante.

Non dobbiamo metterci sullo stesso piano di una divinità. Ma smettere di credere che al di sopra di noi vi è un mondo che possiamo immaginare per una misera realtà, è da sciocchi!

La via giusta è la ricerca. Il ritrovare la capacità di sorprenderci, come sa fare un bambino. Il preferire l'illogico, l'irrazionale, l'imprevedibile, perché tutto è in movimento, costantemente. Non si può credere in qualcosa che è già passato.

E il movimento non è cosa da esorcizzare, ma qualcosa da abbracciare con la consapevolezza magica così facendo si è un passo avanti, rispetto a ciò che è considerato reale da una mente logica.

 

 

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