Q.I. o E.Q.




Mi trovavo in Francia. Dopo una giornata un po' stancante mi sono rifugiata in uno dei tanti Café che caratterizzano i quartieri d'ogni dove; era un classico locale parisienne: un po' cafè, un po' bristot. 
Ho ordinato un bicchiere di vino rosso e una omelette con prosciutto e formaggio, e poi ho preso un tovagliolo. Senza accorgermene, ho cominciato a scrivere, buttando giù parole a casaccio. Come faccio sempre. Un banalissimo racconto senza capo né coda. Ne è uscita una storiella ch’è  diventata il primo dei tre taccuini di Anì Ajin. Una storiella leggera come l’aria. Di quelle storielle che si raccontano ai bimbi prima di un dolce sonno.

Tra le righe di quanto avevo scritto, riempiendo più o meno quattro tovaglioli, c’era la risposta ad una domanda che da mesi mi tamburellava in testa: chi è il potere? La risposta è stata lapidaria: nessuno agli occhi delle forze del bene.

Il  racconto tuttavia non trovava un finale degno della domanda che mi ero posta, ma aveva come morale coma regola: non giudicare le scelte altrui. Sono scelte necessarie affinché permanga l'equilibrio tra il giusto e lo sbagliato.

Ai fini del romanzo, con un tocco di penna crudele, ho dovuto scegliere. Io ho scelto chi stava dalla parte del bene e chi dalla parte del male. Pur scegliendo, tuttavia, mi sono resa conto che solo alla fine di ogni cosa vi è una vera presa di posizione.

Il viaggio implica sempre delle deviazioni dal percorso tracciato. Qualsiasi sia il percorso.



Lo stile è quello dell’urban fantasy contemporaneo, che è un mix tra l’immaginazione e la realtà. Quel mondo parallelo che piace molto ai nerd.

Alcuni testi di questa tipologia di fantasy, anche storico gotico, non sono sempre facili da leggere, perché assorbono l’attenzione. Bisogna essere concentrati, per non perdere il filo. Bisogna essere concentrati per immaginare un personaggio, magari apparentemente buono, perché esso può rivelarsi sotto altra veste.

Questo stile implica anche una costruzione letteraria complessa, che mi è stata criticata. Ma come ho precisato,  è la deviazione che rende il viaggio avventuroso e proietta il lettore nella parte più sana della propria immaginazione. 
Accedere dunque a mondi creati dalla propria immaginazione permette al lettore di trovare l’oggetto magico, ossia di trovare il senso alla propria umanità, senza dover cercare spiegazioni logiche, razionali, scientifiche.


Qualcuno si chiederà perché mi approccio ai nerd, ossia a questi millenium che vivono di realtà virtuali e avendo un grande potenziale intellettivo, sono persone con un altissimo Q.I. ed un altrettanto basso E.Q.


Senza disturbare i geni, la mente umana ha subìto una accelerazione cognitiva sorprendente. 
Ciò però ha abbassato il E.Q., poiché ridurre le emozioni e i rapporti emotivi permette alla mente di avere il totale controllo degli eventi. E tutto questo comporta una sorta di isolamento dalle interrelazioni umane e dal mondo stesso, quasi che una picture possa essere più realistica delle meraviglie che la natura ci propone, toccando tutti i nostri centri sensoriali.

L’isolamento acustico, visivo, tattile, sensoriale, in realtà crea distonie e modifica la forza del pensiero/desiderio. Ecco allora la necessità dei più, di cercare uno spazio che permette loro di uscire dalla propria scatola, da quel mondo personale capace di spegnere tutti i sensori vitali.

L’ideale sarebbe di riequilibrare il Q.I. col E.Q.



Permettetemi una nota noiosa: appartengo alla generazione che ha potuto studiare Economia Politica, una non-scienza che ho amato profondamente. Tale disciplina studia il comportamento di tutti gli agenti economici. La società e le scelte che essa fa in base a certe manovre di pura economia! L’ho amata perché ad un certo punto, alla scienza economica veniva riconosciuto un fattore: l’imprevedibilità del comportamento umano.

Di Economia Politica non se ne parla più, soprattutto nel tempo dei metadati e degli algoritmi. 

I numeri sono diventati un oracolo che determina la soluzione d’ogni problema: matematico, emotivo, logico. Un processo che esclude a priori ciò che non è coerente. Gli eventi emotivi spesso non trovano una spiegazione se non nella magia, che è ancora disconosciuta.

L’irreale, l’immaginato non è coerente. 
Il miracolo non appartiene alla scienza applicata.

Allora, chiedo? I fumetti, il fantasy servono a sedare l’immaginazione o servono come via di fuga da una rappresentazione statica del mondo, anche interiore?

Al di là d’ogni critica, il mio lavoro, studio, mi porta ad affermare:

E’ attraverso la forza del pensiero-immaginato che rendiamo possibile l’impossibile.

E’ attraverso l’immaginazione che noi decidiamo chi siamo.

Commenti

  1. Io credo che l'immaginazione e la fantasia siano la nostra parte più innocente, autentica, quella maggiormente legata al nostro bambino interiore. Purtroppo non sono molti gli "adulti" capaci di dare ascolto a questo lato autentico della propria personalità e, per evitare di essere prese in giro, queste persone la sedano o evitano di parlarne. Quindi, per riequilibrare il nostro Q.E. con il Q.I., bisognerebbe davvero tornare ad essere tutti un po' bambini!

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